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GRAZIE DE CASTRO COMPAGNO D'ESILIO
Un ricordo del cugino Italo Gabrielli

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Ringrazio "Il Piccolo" per l'affettuoso e ampio ricordo di Diego de Castro e chiedo cortese ospitalità quale suo cugino, essendo entrambi discendenti dal patriota piranese Francesco Gabrielli, uno dei membri della "Dieta Istriana" che nel 1861, a Parenzo, incaricati di eleggere un deputato istriano a Vienna, votarono per due volte "Nessuno": lo avrebbero mandato in Italia. Il nostro legame di sangue si è rinsaldato a Salvore, dove negli anni '30 passavamo le vacanze con gli altri cugini nell'avere poi seguito e appoggiato la sua azione di patriota istriano. Di quegli anni felici, troncati dalla guerra, ricordiamo le gite in bicicletta, i giri con la sua barca a vela senza motore, talvolta fino a Umago, Pirano, Portorose o Sicciole, risalendo il fiume Dragogna fino a Canedo, la campagna di mio padre; i bagni in Valdepian, di fronte al faro, le prime birre bevute la sera al fresco in riva al mare. Ed egli ci raccontava della sua infanzia durante la prima guerra, gli aerei di de Banfield e di Baracca sopra la testa, la carestia... Restammo separati nel 1944, quando egli rimase a Roma, dove collaborò con il Comitato giuliano, denunciò agli Alleati l'inutile inumanità di distruggere Zara e si mise a disposizione, come ufficiale di Marina, di un Comando alleato, per il sogno irrealizzato di operare nell'Istria, occupata dai tedeschi. Ci ritrovammo nel luglio 1945 a Trieste, dopo l'allontanamento dei titini, io fra i primi esuli, lui ritornato per contribuire a salvare il salvabile della Venezia Giulia, già spaccata dalla Linea Morgan. Eravamo ospiti nell'appartamento dello zio, il giudice Francesco Gabrielli, egli rinfrescava il suo inglese, per la prevista missione a Londra, con la delegazione italiana e preparavamo manifestini per sensibilizzare i triestini che con "i cugini di Salvare" diffondevo in città prima del coprifuoco. Siamo stati poi molto lieti della sua nomina a Consigliere politico italiano presso il Governo militare alleato di Trieste nel luglio 1952 e colpiti dalle sue dimissioni nell'aprile 1953, che, per correttezza, non volle motivare come protesta anticipata contro il Memorandum di Londra, che comprometteva le sorti dell'ultimo lembo dell'Istria. Alcuni esuli sono amareggiati perché recentemente de Castro, nell'invitarci a salvare i resti della nostra storia e della nostra lingua oltre confine, abbia mostrato fiducia negli "italiani rimasti" obiettivamente poco favorevoli al nostro ritorno. Egli ha dato il suo supporto regalando numerosi suoi libri e documenti alla Comunità degli italiani di Pirano. Ma non possiamo dimenticare, alcune note fondamentali del "grande vecchio", scritte anche in anni poco lontani a difesa nostra e della sinistrata "porta orientale d'Italia". Era sua convinzione che, spentasi la virulenza dei miti mondiali responsabili delle nostre disgrazie, l'Italia aveva tutti i titoli per cancellare le più vergognose umiliazioni che aveva subito. Lo scrisse su questo giornale il 12 gennaio 1992, prima del gratuito riconoscimento delle vicine Repubbliche e lo ribadì il successivo 3 novembre, dove scrisse di Osimo: .."è un pasticcio... che aveva lo scopo politico... di fondare una nuova Trieste...". Per "l'istriano ragionevole" de Castro era urgente e possibile che governi seri: cancellassero la Zfic, rimediassero al vergognoso confine marittimo, che viola a nostro danno la Convenzione di Ginevra, e che i vicini gli riconoscessero il diritto a riavere la residenza dove si è nati restando cittadini italiani. Egli auspicava perfino la ridiscussione dell'assurdo confine. Tali sue decise rivendicazioni restano a futura memoria nella sua Nota di 21 pagine sulla rivista "Il Territorio", nel numero n. 25 (gennaio-aprile 1989). Egli, già prima dell'autodisintegrazione della Rfsj, aveva smentito i ridimensionamenti filoslavi della pulizia etnica, indicando il nostro numero in 300.000 (20 maggio1980) e aveva auspicato la fine del nostro esilio (agosto 1990). Grazie, compagno d'esilio, per aver scritto con la tua autorevolezza in difesa dei nostri diritti, quando governi e mezzi d'informazione continuano a considerare morti e sepolti tutti gli Esuli e cancellata la Venezia Giulia!

Italo Gabrielli
Da: "Il PICCOLO", 20 giugno 2003