TRIESTE 1954 - I RETROSCENA *
Un protagonista racconta come l'Italia perse l'Istria

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L'ingresso della Grecia e della Turchia nell'Alleanza atlantica segnò una svolta anche nella questione di Trieste, in quanto propose l'esigenza di una saldatura tra Italia e Jugoslavia a protezione dell'unico punto debole della linea difensiva che andava dalla Norvegia alla Turchia.
Da quel momento la Jugoslavia, tenuta in gran conto dagli anglo-americani quale simbolo del secessionismo dell'impero sovietico, divenne anche l'indispensabile anello di congiunzione tra il settore centrale e quello orientale della Nato.
Occorreva perciò risolvere la questione di Trieste, che si trascinava da tempo, focolaio di ricorrenti tensioni italo-jugoslave. La famosa Dichiarazione tripartita del 1948, favorevole alla restituzione del Territorio Libero all'Italia, era rimasta lettera morta per la mancata adesione all'Urss. E se quest'ultima, in quel momento, l'avesse accettata, per dispetto al Tito, avrebbe forse provocato la denuncia della Dichiarazione stessa da parte dell'Inghilterra e degli Stati Uniti.
Nella primavera del 1952 ebbe luogo a Londra una conferenza con la partecipazione dei rappresentanti dei governi di Gran Bretagna, Stati Uniti ed Italia che si concluse con un accordo su di una maggiore partecipazione italiana all'amministrazione della Zona A del Tlt, tra l'altro con la nomina di un consigliere politico italiano presso il comando delle truppe alleate responsabile dell'amministrazione della Zona.

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Benchè l'articolo dell'accordo affermasse esplicitamente che questi provvedimenti erano "di natura tale da non pregiudicare la soluzione finale relativa all'avvenire del Territorio nel suo insieme", di fatto esso costituì l'avvio alla spartizione del territorio stesso. All'ambita e difficile carica di consigliere politico italiano venne scelto Diego De Castro, allora ordinario presso l'Università di Torino e collaboratore di "La Stampa", un istriano assai versato nella storia e nella problematica triestina, che aveva già pubblicato importanti contributi in argomento. Dobbiamo ora a lui un resoconto completo e minuzioso dell'azione politica e diplomatica italiana dal 1943 al 1954 (La questione di Trieste, edizioni Lint, Trieste, 2 voll.).
Della pubblicistica precedente, che pure vanta autori illustri. nessuno aveva potuto condurre un'indagine tanto approfondita negli archivi dei nostro ministero degli Esteri e in archivi privati, tra i quali importantissimo quello dell'on. Andreotti. Cosicché questo libro ha l'invidiabile privilegio, di raccogliere insieme la testimonianza di un protagonista e la documentazione, inedita per la maggior parte, di una trattativa che se permise di chiudere l'ultima ferita aperta dalla sconsiderata guerra fascista, non fu pertanto meno difficile e ingrata.
Dal 1952 al 1954 la questione di Trieste entrò in una fase dinamica, che impegnò a fondo la diplomazia italiana e quella anglo-americana. Era ormai chiaro che il tempo lavorava a favore della Jugoslavia, la cui amministrazione della Zona B si stava trasformando in possesso. Diego de Castro ricostruisce, con grande puntualità e precisione, quella fase diplomatica, invero poco e mal nota. Mi riferisco soprattutto, agli sforzi della diplomazia statunitense per giungere ad una soluzione del problema triestino, sulla base di una spartizione accettabile ad entrambe le parti.
La prima proposta venne dal segretario di Stato Acheson. Essa prevedeva il passaggio all'Italia della Zona A più una striscia di territorio costiero della Zona B sino a includere Capodistria mentre il rimanente della Zona B e una parte equivalente di territorio della Zona A (Sesana) doveva andare alla Jugoslavia. Di fronte alle resistenze italiane, il successore di Acheson al Dipartimento di Stato, Foster Dulles , estese la striscia del territorio costiero della Zona B da assegnarsi all'Italia sino a comprendere Isola d'Istria e Pirano, contro la cessione alla Jugoslavia di altri due comuni della Zona A, S. Dorligo e Sgonico, ed in più l'offerta di uno sbocco al mare a S. Caterina. A De Gasperi, uomo di confine lui stesso, la proposta americana parve accettabile solo se la cessione della zona costiera potesse raggiungere sino Umago inclusa.

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Da Londra intanto giungevano segnali di tipo opposto. Il Foreign Office non credeva in una accettazione da parte di Tito della proposta americana come poi avvenne; e di fronte all'opera di snazionalizzazione della Zona B da parte del Maresciallo Tito, suggeriva il semplice e definitivo trasferimento all'Italia della Zona A ed alla Jugoslavia della Zona B. La terza proposta americana non segnò un progresso rispetto alle precedenti. Essa includeva una striscia di due chilometri della Zona B che giungeva sino a comprendere Pirano ma non Portorose, ma trasferiva alla Jugoslavia i comuni di Sgonico, Monrupino, e Basovizza della Zona A. Il maresciallo Tito comunque la respinse.
Da quel momento il libro di de Castro ricostruisce minuziosamente le fasi, ignote o poco note, delle trattative che portarono alla firma del Memorandum d'intesa nell'ottobre del 1954: dai sondaggi jugoslavi del 1953 al ridimensionamento delle prospettive su Trieste dopo le elezioni politiche italiane, dalla sostituzione di De Gasperi con Pella all'invio di truppe italiane al confine jugoslavo, dal rifiuto di Belgrado alla proposta italiana di un plebiscito, alla dichiarazione anglo-americana dell'ottobre 1953 sul ritorno della Zona A all'Italia, dalle giornate di sangue e di morte a Trieste, alle proteste jugoslave e al ricorso sovietico all'Onu, infine alla conferenze di Londra del 1954.

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Si avviava all'ora un'opera assai complicata che oltre ai preminenti problemi territoriali, si occupava anche di quelli economici e sociali, della protezione delle minoranze, delle opzioni, dei risarcimenti, dei traffici, ecc. Per centinaia e centinaia di pagine, de Castro illustra queste complesse trattative, ed il suo libro costituisce una specie di filo rosso che ci guida attraverso l'intricata selva della documentazione archivistica.
Il memorandum d'intesa assegnò la Zona A all'Italia e la Zona B alla Jugoslavia, che ottenne qualche rettifica al suo vantaggio: lo fece però in un modo provvisorio che non ingannò nessuno, anche se trascorsero 21 anni prima che il trattato di Osimo lo rendesse definitivo. Diego de Castro si era già dimesso dalla carica di consigliere politico: non si sentiva di avallare, proprio lui, la perdita dell'Istria. La questione di Trieste è dunque un racconto amaro, in cui sono evidenti il distacco dell'accademico, la sofferenza dell'istriano, le responsabilità del protagonista. Lo ha dedicato ai giovani perché possano conoscere e comprendere, e agli italiani e agli slavi perché non dimentichino che la concordia è indispensabile a due nazioni confinanti.
Forse è eccessivo pretendere che questa importante opera, che ha richiesto a de Castro molti anni di ricerche e di fatiche, chiuda una polemica che è inerente al tema stesso. Essa però costituisce un contributo indispensabile alla comprensione dei fatti, e un riferimento obbligato per tutti, studiosi e no.

Enrico Serra
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* Da: "La Stampa", Torino, 1981